ITFL059

III settimana di Quaresima – Martedì

Il perdono

Allora Pietro… gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette… il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato… quando un tale che gli doveva diecimila talenti… lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”… Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari… lo prese per il collo… dicendo: “Restituisci quello che devi!”… Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito… Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno…?”». Mt 18,21-33

Il corso di studi della facoltà di ingegneria comprende una trentina di materie, con altrettanti esami da sostenere. Alla fine si discute una tesi di fronte a una commissione giudicante, superata la quale viene consegnato il certificato di laurea, dove si attesta che il sig. XY è ingegnere. Tra gli esami da sostenere ce n’è uno, Scienza delle Costruzioni, che, praticamente, costituisce la linea spartiacque tra lo studente in ingegneria e l’ingegnere già abbozzato. La stessa esperienza l’hanno vissuta i primi discepoli di Gesù e la vivono tutt’oggi coloro che intraprendono un cammino di conversione. La tesi finale, come lo è stata per Pietro quando il Signore gli ha chiesto per tre volte: «Mi ami?», sarà sull’amore, ma la linea spartiacque tra il seguace e il discepolo di Gesù è costituita dall’acquisizione della pratica del perdono. Il perdono è liberante per chi perdona e per chi è perdonato. Il perdono è il penultimo gradino nella scala dell’amore: il primo è la ricerca della giustizia sociale, la solidarietà; il secondo è la compassione, la disponibilità a partecipare delle vicende liete e tristi del prossimo; il terzo è il perdono; l’ultimo è la scelta di donare la vita al Signore e ai fratelli. «Ma perché dobbiamo perdonare? È giusto perdonare?» mi sono chiesto qualche volta, quando il perdono mi risultava molto difficile. A queste domande, nel corso degli anni, mi sono dato tre risposte. La prima è che il perdono è un atto di giustizia, poiché tutti, prima o poi, abbiamo bisogno di essere perdonati; la seconda è che abbiamo bisogno di sciogliere i nostri nodi del cuore e della mente per essere persone libere; ma la risposta più vera è che Gesù, dalla croce, ha perdonato tutti. Un giorno padre Michele Vassallo, un simpaticissimo sacerdote napoletano, durante la messa, impostò così l’omelia sul perdono: «Sentite – ci disse – prendiamo il Signore alla lettera e impegniamoci a perdonare settanta volte sette». Poi aggiunse: «Dunque: 70 × 7 fa 490. Dopo che avremo perdonato 490 volte siamo autorizzati a non perdonare più. Però – concluse – vi assicuro che, a quel punto, il perdono sarà divenuto una pratica normale della nostra vita». Beh, proviamoci anche noi!

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