ITFL317

XXIX settimana del Tempo Ordinario – Martedì

L’attesa nella vigilanza

«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro ! ». Lc 12,35-38

All’inizio del 1938 la zia Noemi, sorella del nonno Renzo, era sposata da poco e si trovava in stato di gravidanza, quando il marito, lo zio Beppe, fu chiamato al servizio militare e inviato a combattere in Africa. Successivamente, combatté in Albania, in Grecia e, alla fine, fu anche prigioniero in Russia. Stette lontano da casa per quasi nove anni, durante i quali era riuscito a scrivere alla zia non più di una diecina di lettere. Tornò a casa verso la fine del 1946. Un treno merci si fermò a Rosignano, lui scese e, con lo zaino sulle spalle, s’incamminò verso Castiglioncello, da dove era partito e dove a casa l’aspettavano la zia Noemi e il figlio Franco che, fino all’età di otto anni, lo aveva visto solo in fotografia. Quando un ciclista, che per la strada lo aveva riconosciuto e superato, avvisò la zia Noemi che lo zio Beppe stava tornando, lei posò l’ago e i pantaloni che stava cucendo, gli corse incontro e, in mezzo alla strada, rimasero abbracciati, in silenzio, con le lacrime agli occhi, per molto tempo.

Tutte le volte che leggo questa pagina del vangelo che esorta alla «vigilanza» e alla «fedeltà», non posso fare a meno di pensare alla zia Noemi che, giorno dopo giorno, per quasi nove anni, ha lavorato come sarta e ha fatto crescere il mio cugino Franco, sempre operosa, fedele e senza perdere mai la speranza nel ritorno dello zio Beppe. Che cos’è la vita cristiana se non un’attesa attiva e operosa, nella fedeltà al Signore e nella vigilanza, con la cintura ai fianchi, per essere pronti a partire, e la lucerna sempre accesa, per non addormentarsi? «Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli», dice oggi il Signore. Tuttavia, essere fedeli e vigilanti non è tutto: ci è chiesto di essere anche profeti dell’attesa, coloro che mantengono svegli gli altri con i quali conviviamo, perché non sia un’attesa solitaria. È l’attesa della Chiesa, ed è stata anche la lunga attesa della zia Noemi, che tutti i giorni parlava del padre al figlio. Quando lo zio Beppe e la zia Noemi, dopo aver fatto l’ultimo tratto da Rosignano a Castiglioncello insieme, mano nella mano, misero piede in casa, il figlio Franco lo riconobbe subito ed esclamò: «Babbo!».

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