ITFL136

II settimana del Tempo Ordinario – Sabato

Perché meditiamo il vangelo 

Entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare. Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: «È fuori di sé».  Mc 3,20-21

Il brano precedente riporta l’elenco di coloro che sono stati chiamati alla sequela di Gesù e conseguentemente alla missione. L’elenco si conclude con il nome di «Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì» (Mc 3,19). Anche ai giorni nostri, tra i cristiani che sono chiamati alla missione, c’è sempre chi tradisce il Signore e il mandato all’evangelizzazione. Il brano odierno ci mostra il modo concreto in cui lo si tradisce: alla sua chiamata corrisponde sempre una controchiamata del buonsenso compassionevole dei «suoi» che dicono: «È fuori di sé». Gesù oggi si trova in «casa» insieme agli apostoli che lo seguono ogni giorno. Questo fatto nasconde un profondo significato teologico: chi è dentro e siede a tavola con Gesù costituisce la sua nuova famiglia, e a lui è dato di intendere chiaramente i misteri del Regno. A quelli che sono fuori le verità del vangelo vengono spiegate solo in parabole, «affinché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non comprendano» (Mc 4,12). Ma chi sono questi personaggi al di fuori della casa, che non comprendono il suo messaggio e che ritengono che Gesù sia «fuori di sé»? Rischiamo di essere noi. Se non ascoltiamo e meditiamo la sua parola, in modo che questa si apra ed effonda in noi i misteri del Regno, noi rimaniamo al di fuori della casa a sostenere che lui è «fuori di sé». Se invece meditiamo e preghiamo su quanto Gesù ci dice nel vangelo del giorno, entriamo nella casa dove il Signore spiega la sua parola nella pienezza.

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