ITFL032

2 gennaio

Lo spirito del missionario

Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò…: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elia?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei?… Che cosa dici…?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo». Gv 1,19-28

Questo brano del vangelo, che sembra riferito solo a Giovanni il Battista, in realtà è da considerarsi la magna charta di ogni missionario, di ogni credente e, addirittura, della Chiesa stessa. La Chiesa è nata per evangelizzare e se non evangelizza non è Chiesa; e ogni cristiano che non si senta missionario, è un cristiano in pantofole. Così dovrebbero procedere le cose alla luce del «mandato»: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15).

Purtroppo, oggigiorno, non sentiamo l’urgenza del «mandato » all’evangelizzazione, e la Chiesa stessa sembra combattere una guerra di posizione, piuttosto che lanciarsi nella missione. Si cerca più il dialogo che un franco annuncio della «buona novella». La missione viene più interpretata come lotta contro le ingiustizie sociali, non come annuncio di salvezza totale dell’uomo. Quando, invece, il mandato viene vissuto in pienezza e con coraggio, ci troviamo di fronte alla potenza della grazia che l’accompagna: il Signore compie opere straordinarie con persone semplici, come Madre Teresa di Calcutta. Il missionario è, inoltre, soggetto a molte tentazioni: la prima risiede nel fatto che il mondo tende a trasformare in miti viventi le persone divenute straordinarie per grazia di Dio. Difficilmente si accetta che un uomo possa brillare di luce riflessa: si preferisce accreditare ogni merito alla persona, trasformandola in un idolo. A questo punto subentra la seconda tentazione: il missionario rischia di credere che l’opera compiuta da lui sia merito proprio e non del Signore. Finisce, così, per diventare testimone di se stesso, dimenticando che è il Signore che manda, che dona lo Spirito e che fa compiere cose grandi a persone piccole. Il risultato finale è l’utilizzo della missione a proprio vantaggio: nascono le sette e talvolta anche i patrimoni personali. È la tentazione contro la quale si trova a combattere Giovanni il Battista nel vangelo di oggi: «Tu, chi sei?», «Io non sono il Cristo», «Io sono voce di uno che grida nel deserto». Ecco che cosa è un missionario: una voce, uno strumento suonato dallo Spirito Santo.

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