ITFL108

V settimana di Pasqua – Mercoledì

La vite e i tralci

«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto… Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla… Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto». Gv 15,1-7

«Senza di me non potete far nulla», ci dice oggi il Signore. Che cosa vuol dire questa affermazione? Come si concilia con il fatto che molte persone hanno creato imperi politici ed economici, o società multinazionali, senza riferirsi a Cristo, ma perseguendo solo interessi, progetti o ideali personali? La risposta è semplice. Esistono solo due modi per pianificare la vita: perseguendo il progetto del Signore, oppure perseguendo i nostri progetti personali, che possono essere anche grandi, ma sono soltanto i nostri. Che poi il Signore utilizzi anche i progetti degli uomini per realizzare il suo piano di salvezza universale, questo fa parte della sua divina capacità di saper utilizzare al meglio ciò che offre la storia, come la nonna Betta ricavava un buon pranzetto anche con gli avanzi del frigorifero.

Noi ci siamo dati una regola semplice per capire di chi sia un progetto: se ha come scopo primario il «bene comune», è un progetto del Signore; se, invece, lo scopo è solo il vantaggio di una persona, di una famiglia, di una categoria o di una nazione, è un progetto umano. Si potrebbe, allora, pensare di poter perseguire tranquillamente i nostri progetti personali, sperando che poi ci possano essere ricadute vantaggiose per tutti, come ha teorizzato il padre del liberismo economico Adam Smith. Sarebbe un modo di pensare intelligente, se non fosse per il fatto che la finalità ultima di ogni progetto non è la sua realizzazione, ma la felicità e la gioia nell’attuarlo. Accade, allora, che, per un meraviglioso riequilibrio divino delle cose, la felicità e la gioia si raggiungono solo realizzando i progetti del Signore. Se questa è la situazione, e la nostra esperienza personale ci insegna che è proprio così, occorre pregare ogni giorno il Signore perché ci manifesti il suo progetto di vita su di noi. Se lo faremo, lui taglierà i tralci che non portano frutto, e poterà, come fa il contadino, i tralci buoni, perché portino ancora più frutto. La sua ricompensa a questo modo di impostare la vita, per quanto ci risulta, sono la felicità e la gioia, oltre all’accesso diretto alla Provvidenza: «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto». E alla fine avremo il piacere di consegnare il progetto realizzato nelle sue mani.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *